Durante la Seconda guerra mondiale il Vesuvio fu bersaglio dei bombardamenti aerei: in molte incursioni della Royal Air Force vennero sganciate bombe sul vulcano, e le sue pendici divennero un campo minato a causa dei tanti ordigni inesplosi, oltre che uno scampolo di superficie lunare per quelli andati a segno. Testimone, da vicino, degli eventi bellici è stato l’Osservatorio Vesuviano, fondato nel 1841 per studiare l’imprevedibile attività del vulcano. Mancavano allora le conoscenze e gli strumenti, che si acquisirono progressivamente, attraverso lo studio dei comportamenti del vulcano, mentre i sismografi, all’inizio costruiti quasi manualmente, divennero sempre più sensibili, fino all’installazione nel 1863 del primo sismografo elettromagnetico della storia. Oltre agli strumenti scientifici, nell’Osservatorio è conservata una collezione di medaglie di lava, realizzate a partire dall’ottocento, utilizzando il magma che sgorgava direttamente dal Vesuvio. Tra i soggetti rappresentati vi sono scene mitologiche e ritratti di personalità importanti, da Napoleone a Mussolini. La collezione è stata danneggiata durante la guerra.
Proprio negli anni del secondo conflitto mondiale, l’Osservatorio registrò una delle più intense attività vulcaniche, fin dall’entrata in guerra dell’Italia, accompagnata dal rombo del Vesuvio nel giugno 1940, e in concomitanza con i ripetuti bombardamenti inflitti nella zona dal 1943. I piloti bombardieri presero allora di mira il conetto del Vesuvio. Un “esperimento” simile paradossalmente era stato tentato nel 1922 dai vulcanologi dell’Osservatorio, per far saltare la colonna magmatica prossima ad affiorare. Nella serata del primo novembre 1944, mentre un fortissimo vento flagellava la terrazza dell’Osservatorio, rendendo impossibile la permanenza agli studiosi, dopo alcuni minuti dei soliti fischi e boati causati dalle bombe cadute a ridosso dell’edificio, fu avvertito uno scoppio anomalo. C’è chi sostiene che lo sgretolamento del conetto abbia provocato la colata di lava, ma per alcuni studiosi l’ipotesi non è attendibile poiché mancavano le registrazioni sismiche dell’evento. Anche se il legame dei bombardamenti con l’attività vulcanica non è provato, vi è un interessante apporto positivo del bersagliamento, non bellico ma scientifico: esaminando le registrazioni sismografiche e confrontandone gli orari con quelli delle più violente esplosioni, sarebbe stato possibile dedurre la velocità di propagazione dei relativi moti tellurici innescati, ricavandone una sorta di radiografia profonda del vulcano. Il bilancio finale è di 162 bombe sganciate sul Vesuvio, e grazie ai dati ricavati fu dedotta una prima, fondata, ipotesi sulle connotazioni interne e sotterranee del vulcano.
Il sondaggio 0017 è collocato dinanzi all’ingresso principale della sede storica dell’Osservatorio Vesuviano fondato nel 1841 da Ferdinando II sulle pendici dell’apparato vulcanico del Somma-Vesuvio.
Il Somma-Vesuvio è uno strato-vulcano poligenico composito che raggiunge un’altezza massima di 1281 m s.l.m. Si presenta come un classico vulcano a recinto, con il
Monte Somma che occupa gran parte del settore settentrionale e che costituisce il relitto dell’antico edificio, e con il “Gran Cono”, all’interno del vecchio cratere, che si è accresciuto in successive fasi. Le due strutture sono separate dall’Atrio del Cavallo e dalla Valle dell’Inferno.
Il vulcanismo nell'area del Somma-Vesuvio è stato attivo a partire da 400.000 anni, come indicato dalla presenza di lave e tufi intercalati a sedimenti marini, carotati nella porzione sud-orientale del vulcano ad una profondità di 1350 m.
Il Somma-Vesuvio è caratterizzato da un’attività molto variabile che possono distinguere tre categorie principali: eruzioni effusive con emissione di colate laviche e subordinatamente prodotti da attività effusivo-esplosiva (lava e cadute di scorie, pomici e ceneri); eruzioni esplosive di tipo sub-pliniano con distribuzione dei prodotti eruttati (pomici e ceneri da caduta) e depositi da flusso piroclastico (es. Eruzioni del 472 d.C. e del 1631; eruzioni catastrofiche di tipo pliniano con flussi, surges piroclastici, colate di fango e prodotti da caduta fino a centinaia di chilometri di distanza (es. Eruzioni del 79 d.C. e delle pomici di Avellino). Nel corso di quest’ultimo tipo di eruzioni grandi quantità di ceneri e lapilli, bombe e brandelli di lava fluida vengono violentemente eruttati dal cratere centrale ed accompagnano l’effusione di colate laviche moderatamente fluide.
Laddove la morfologia è accidentata, i flussi piroclastici si incanalano nelle valli; la caldera del Monte Somma, invece, rappresenta una barriera morfologica per i flussi lavici del vulcano centrale. Si possono distinguere in generale tre settori dell’area vulcanica: il settore NW-NE, in cui ricade l’area in esame, interessato prevalentemente da flussi piroclastici primari e secondari e da prodotti da caduta; il settore NE-SE con piroclastiti da caduta ed intercalazioni di prodotti derivanti da flussi piroclastici; settore SE-NW con flussi lavici e flussi piroclastici.
La sequenza stratigrafica intercettata, al di sotto dell’humus attuale, è costituto dai prodotti di eruzioni storiche vesuviane, intercalate da paleosuoli, la cui formazione è avvenuta durante le stasi intercorse tra i vari eventi eruttivi.
In dettaglio, sono stati intercettati piroclastiti generalmente di colore grigio scuro, a luoghi con scorie nere, riferibili agli eventi eruttivi del 1906 e, probabilmente, del 1631 e del 472 d.C. (eruzione di Pollena).
Un ulteriore paleosuolo, intercettato tra -2.45 e -2.80 m dal piano campagna sigilla i prodotti dell’eruzione vesuviana del 79 d.C. (cd. eruzione di Pompei) costituita da ceneri fini e medio fini, laminate.
Da -2.80 a -5.40 m si intercettano i prodotti dell’eruzione del 79 d.C. prevalentemente costituiti da ceneri laminate. Da -5.40 e -7.40 m dal piano campagna il deposito si presenta a tessitura massiva e include pomici da subcentimetriche a 3 cm e litici generalmente di piccole dimensioni, ascrivibili ai flussi piroclastici con pomici bianche (quello più in basso) e pomici grigie. Al di sotto, tra -7.74 e -7.70 m dal piano campagna, si rinvengono i depositi cineritici relativi alla fase di apertura dell’eruzione.
La sequenza sottostante è costituita da depositi cineritici in parte rimaneggiati ed umificati, probabilmente ascrivibili al ciclo eruttivo di età protostorica delle cd. eruzioni AP.