Codice

0007

Sito

Ex Fondo Iozzino

Date

03.10.2018

Regione

Pompei

Città

Napoli

Stato

Italia

Profondità

5 mt

Coordinate

40° 44' 50.6004" N 14° 29' 49.29" E

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La presenza di un’enorme quantità di ex-voto, costituiti da oggetti miniaturistici quali vasetti, calici, coppette, piattini, risalenti alla fine del VII secolo a.C., caratterizza il Santuario extra urbano di Fondo Iozzino, presso cui si svolgevano riti fin da tempi remoti. Il regime delle offerte è documentato attraverso uno scarico di materiali votivi, depositati alla fine del II secolo a.C. all’interno di uno spazio definito da un recinto, per realizzare un innalzamento del piano di calpestio. Questo strato composto da un deposito votivo sedimentato sancisce, nella riorganizzazione architettonica successiva del santuario, un legame ideale con le attività cultuali precedenti. La notevole quantità di ex-voto testimonia un culto arcaico, dedicato a una divinità di cui conosciamo solo l’epiteto apa, la cui prassi includeva un rituale enigmatico e impenetrabile. Il vasellame documenta l’attività sacra del santuario, scandita da sacrifici, offerte e libagioni, in cui si ricorreva all’uso vino, come rivelano le tracce organiche rimaste. I manufatti – vasi, brocche, scodelle – presentano iscrizioni graffite in alfabeto etrusco, formule dedicatorie che contengono i nomi degli offerenti, oltre a simboli graffiti, tra i quali croci, stelle, asterischi, alberelli. Si tratta del corpus di iscrizioni etrusche più consistente finora rinvenuto in un unico contesto in Italia meridionale e getta luce sulle fasi più antiche della frequentazione del santuario e sulla presenza etrusca nell’area vesuviana. I manufatti sono i testimoni della lunga attività del culto presso il santuario, databile dal VII al I secolo a.C..

Parallelamente, nella Pompei contemporanea, all'interno del monumentale Santuario edificato nel 1800, tra gli spazi più suggestivi figura la galleria degli ex-voto devozionali dedicati alla Beata Vergine del Rosario. Gli ex voto presenti nei locali adiacenti alla Basilica sono oggetti, fotografie, testi e tavole dipinte offerti alla Madonna del Rosario come ringraziamento per una grazia ricevuta: non solo una testimonianza di fede, ma simbolo della memoria perpetua della grande devozione per la Vergine. La gran parte degli ex-voto del Santuario è costituita da raffigurazioni pittoriche, alcune di pregevole fattura, realizzate da maestri artigiani, conosciuti come “madonnari”, in cui si possono individuare alcuni elementi caratteristici per rappresentare lo stato d’animo e le storie dei committenti: l’illustrazione dell’episodio infausto che precede il miracolo, la rappresentazione del Santo, la descrizione narrativa e l’immagine del devoto. In basso viene apposta la sigla latina V.F.G.A. (votum fecit, gratiam accepit) o quella italiana P.R.G. (per grazia ricevuta). Nel tempo sono stati coinvolti orafi, argentieri, decoratori, ceramisti, fotografi, il che ha reso gli ex voto una parte consistente della memoria storica e devozionale di un popolo ma anche una testimonianza della sua tradizione artistico-artigianale.


Il sondaggio 0007 si colloca in un’area sacra, nel suburbio meridionale dell'antica Pompei. Geograficamente, il santuario è posto su una bassa collina (m 20 s.l.m.) prossima alla foce del Sarno, distante circa 500 m dal limite sud-est dell’antica Pompei.

La scoperta del santuario avvenne nel 1960, in seguito ad attività di estrazione del lapillo per la costruzione di un edificio privato. Le attività furono interrotte per l’affioramento di strutture murarie pertinenti ad un imponente recinto, realizzato in tecnica pseudo-isodoma con blocchi di calcare del Sarno. Al suo interno vi è un secondo recinto databile al I sec. a.C., di dimensioni minori, realizzato in opera incerta con blocchetti di tufo grigio di Nocera con due podi pertinenti ad edicole e un basamento. Nel 1992 la ripresa delle ricerche permise di comprendere che il santuario era stato monumentalizzato in età ellenistica con la realizzazione del recinto in opera pseudo-isodoma pavimentato internamente in cocciopesto. Dallo strato sul quale si imposta l’area sacra più recente, emerge un vero e proprio deposito votivo ricco di materiali in larga parte miniaturistici. Tra di essi si riconoscono armi (in bronzo e ferro) e vasellame ceramico soprattutto in bucchero. Tra le armi: corte spade, una ventina di punte di lancia in ferro a volte con immanicatura in bronzo, cuspidi di giavellotto, uno scettro in ferro (rarissimo per l’Italia meridionale) e un grande scudo in bronzo.

L’aspetto più importante dei ritrovamenti riferibili all’età arcaica è costituito dalla notevole quantità di vasellame in bucchero con iscrizioni graffite in lingua etrusca. Le iscrizioni erano poste sulla vasca e sul piede di scodelle e di vasi da banchetto che, dopo l’uso, venivano deposti capovolti sul suolo. Queste iscrizioni rivelano i nomi degli offerenti, etruschi che provenivano anche dall’Etruria, e della divinità a cui era dedicato il santuario, il dio “apa” (“padre”), forse Giove Meilichios.

Il sondaggio 0007 ricade all’esterno del suddetto recinto realizzato in blocchi di calcare. La stratigrafia mostra una lacuna nella parte sommitale dove mancano i prodotti dell’eruzione del 79 d.C., probabilmente già asportati al momento del rinvenimento delle strutture archeologiche, attualmente visibili sul fronte dello scavo adiacente. La sequenza stratigrafica intercettata dal carotaggio è costituita nei primi 0.60 m da terreno di riporto. Al di sotto è stato intercettato un livello umificato contenente un frammento di mattone moderno (tavella). 

Da -1.15 a -2 m dal piano campagna si rinviene uno strato cineritico rimaneggiato (US3) di colore grigiastro, che copre lo strato di accumulo di una fossa o un canale (US 4-5), di possibile origine antropica, dello spessore circa 40 cm. Da -2.4 m si rinvengono i resti del cosiddetto Paleosuolo B (US6), che rappresenta un importante marker stratigrafico ben riconoscibile in tutta la Piana Campana, dove ha restituito tracce di frequentazione di età eneolitica e neolitica. Il paleosuolo è riferibile alla pedogenesi dei sottostanti prodotti dell’eruzione vesuviana delle Pomici di Mercato (US7) avvenuta 8000 anni fa, costituiti da ceneri di colore ocra contenenti pomici bianche. Questi depositi poggiano direttamente sul banco lavico, intercettato a -3.60 m dal piano campagna, di cui si campiona il livello più superficiale di colore di variabile da nerastro a grigio rosato a seconda dell’aumentare della profondità.

I dati archeostratigrafici e geologici emersi dalla lettura del sondaggio permettono di aprire interessanti riflessioni sulla definizione di alcuni aspetti ambientali e morfologici in cui si inserisce la scelta di fondare in questo luogo il santuario già dall’età arcaica (VII sec.a.C.): in particolare, appare evidente che la scelta di ubicare il santuario in questo settore sia orientata dal fatto che per le fasi arcaiche il sito si collocava in presenza di un’altura prospiciente fiume Sarno, in un settore liminare e di confine territoriale.